domenica 10 giugno 2012

Vivere, è passato tanto tempo

Al momento di fare i biglietti stanno facendo il sound check è già mi stanno simpatici.
Lo smilzo puntuto con i basettoni, il ragazzone  con i capelli raccolti e la fanciulla con i denti bianchi e lo sguardo rivolto in basso mentre intona il pezzo.
“Tanto quando finisce lo spettacolo delle otto e mezza li troviamo qui che suonano, non vi preoccupate” dico alle ragazze che comunque hanno proprio fretta di entrare al cinema.
Ieri è stato l’ultimo giorno di scuola, festeggiare è dovuto.

Gli occhi ancora bruciano per il maledetto 3D, però basta attraversare la strada per dimenticarsene. Qualche gruppo di varia gioventù e non più tale nei pressi della pedana, due botti da vino a far da tavolo, coperte di bicchieri e sgabelli high-tech sotto l’ombrellone che protegge dalla guazza marina.
Un sacco di cellulari accesi per condividere l’evento e una chitarra, un’armonica e una voce.

 “ma tu le conosci queste canzoni, mamma?”
“li conosco sì, hanno la mia età, questi pezzi” e fanno parte del doppio rosso dei Beatles, ma che glielo dico a fare.
I tre sono proprio bravini, e io non ho per niente voglia di tornare a casa. Ci uniamo ai gruppi, le ragazze ipnotizzate dai suoni allegri che volano dalle casse.

I tre musici passano con disinvoltura quasi sfacciata dal medley di Love me do e Can’t buy me love, a Life is life che è un pezzo che ho sempre odiato, ma la fanciulla che ora tiene lo sguardo dritto avanti a sé ha una voce che mi ricorda Patty Smith e anche un po’ Siouxie. Per cui va bene anche lifeislife, nana nananà, visto come la interpreta.
Non ho la macchina fotografica, ovviamente, e a poco sarebbe servita. Non potrei  usarla per fissare la sensazione di aria fresca sulla pelle e di allegria che m’arriva da questa stradina laterale di Viareggio. Ma ho il blocchetto degli appunti, e persino la penna, e decido di usarli. Osservo e fisso nella memoria, e ogni tanto scrivo, perchè stasera ho proprio voglia di raccontare.

Il ragazzo che esce dall’enoteca con la bevuta nel bicchiere di plastica come da normativa corrente ci ha messo del suo, e con la torcia puntata sul fondo del bicchiere ha trasformato un gin tonic in una bevanda da cartone di Tim Burton.
La ragazza che si avvicina alla botte porta un vassoio di sangria e stuzzichini, ha delle scarpe esagerate verde smeraldo tacco 12, il vestito a sottoveste in tinta e la testa che omaggia Amy Winehouse. Intorno a lei sono tutte scarpe di corda o zeppe con unghie tinte, ed io proprio stasera ho liberato i miei piedi dalle scarpe autunno-invernali e l’infradito da tedesca comincia a farmi friggere la base dell’alluce.
La voce del basettone viaggia su Generale, in compagnia dell’armonica, ed Emma è contrariata perché ha saltato una strofa.
Quel tipo che rassomiglia a Donald Sutherland in Mash mi guarda senza vedermi, e canta felice motocicletta, dieciaccapi senza sovrastare la voce della fanciulla, che ogni tanto trema per lo sforzo e la tensione. Anch’io avrei sempre voluto cantare questo pezzo davanti ad un microfono e ad un pubblico, fin da quando lo sentii al concerto dei Litfiba al Rolling di Milano. Un milione di anni fa, o forse due.

Le ragazze hanno sete e pure io.
M’affaccio dentro, il locale è piccino, ha le pareti bianche un sacco di scritte rosse sui muri. Ma mica me le posso copiare tutte, anche perchè l’omino alla cassa mi guarda con le pupille a punto interrogativo.
“la birra ce l’ho solo artigianale”
“allora un prosecco, e un bicchiere d’acqua”
La vita è troppo breve per bere vino scadente, mi si dice con la vernice rossa, ma questo prosecco non onora il motto esposto sull’architrave. Wish you where here mi chiama da fuori, io rispondo. Esco, e un po’ devo cantare perchè i Pink Floyd sono i Pink Floyd.
Il Pericolo Biondo mi tappa la bocca che la metto in imbarazzo e io torno buona buona ad ascoltare e memorizzare.
Comunque ho una signora voce, e che cazzo, e potrei starci io, lì su quella pedana di legno, a cantare canzoni più vecchie della mamma della fanciullina che comunque ha tutta la mia approvazione.
“ora un classico” ci dice sorridendo ( la claque applaude)  “e se non viene bene è colpa dello Stefanini”, che sarebbe il basettone smilzo e puntuto, e mi accorgo ora che ha una maglietta con due tartarughe che si accoppiano: slow poke, che non ho idea di che vuol dire, ma mi fa ridere.
Sul tema del Mago di oz lo Stefanini si sdà e con voce alla Louis Armstrong  ci canta quant’è meraviglioso questo mondo e la fanciulla ride e non riesce a cantare la sua strofa e anch’io e le ragazze ridiamo, e anche la claque.
Ora posso cantare, con il permesso del pericolo, perchè la fanciulla lo chiede. Ora sembra proprio Siouxie, intonando The Passenger, e ci dice forza cantate il ritornello.
Così Donald Sutherland, il ragazzo dal gin tonic fluorescente, Amy Winehouse, i giovani e non più tali e anche un po’ le ragazze cantano lalalala lalalala-à.
Guardo il Pericolo Biondo che ha sollevato la testa. Gabbiani in formazione stanno volando sopra di noi, direzione mare. Sono bianchi e lucenti come la luna.

Vivere, è passato tanto tempo

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