L. ha la
voce bassa e calda, leggermente arrochita.
E’ una specie di malattia professionale, ho scoperto, la voce roca. Colpisce chi parla molto per mestiere, per abitudine o per attitudine, come le parrucchiere, le estetiste, i logorroici, e gli operatori sociali.
E’ una specie di malattia professionale, ho scoperto, la voce roca. Colpisce chi parla molto per mestiere, per abitudine o per attitudine, come le parrucchiere, le estetiste, i logorroici, e gli operatori sociali.
L. è un
operatore sociale, collabora con il comune di Lucca e lavora nella casa di Cura
di Santa Maria a Colle.
“Mi fanno
andare a Lucca per tre ore oggi, mannaggia a loro, ma è troppo importante. Sto
seguendo un progetto, è per uno psichiatrico” mi racconta davanti al
cappuccino, lei con la sua voce roca.
“Si chiama C.,
e vedessi che bel ragazzo è. Io a volte mi incanto a guardarlo, ma la malattia
mentale è strana, non la vedi, è tutta qui” mi fa puntandosi il dito indice
sulla fronte.
“E’ viziato,
sapessi com’è viziato. E’ difficile stare con lui, ma a me piace. Sta lì, in
reparto, e il progetto prevede che gli operatori lo portino a giro. I miei
colleghi lo portano da Media World, ti rendi conto? Vanno a fare colazione e
poi s’infilano lì dentro. Ora io capisco nei giorni di pioggia, ma con questo
cielo e questo sole, come fai a infilarlo da Media World. Io penso sempre: ma
se avessi un figlio che vive in reparto, e fosse affidato agli operatori,
come mi sentirei se lo portassero da Media World?” e raccoglie le sue cose
appoggiate sul tavolino del bar.
“Io ci
parlo, con C., le cose gliele spiego, e gli ho detto con me scordati di andare
al centro commerciale. Ora, dimmi te eh, i suoi gli hanno regalato un galaxy, e
lui non sa che farsene, non lo sa usare, però gli piace la fotografia, allora
io lo porto fuori. Ieri l’ho portato a veder il lago, abbiamo scollettato a
Balbano e quando siamo arrivati in cima, che si vede la costa e il lago e i
campi di girasole ci siamo fermati, e
lui con il suo galaxy ha fatto le foto e ci siamo divertiti. Poi l’ho
portato a cavallo, e all’oasi della Lipu a Massaciuccoli, insomma lo faccio
stare all’aria ad osservare le cose”
Stiamo
pagando ora, e ci salutiamo.
Incontro
spesso L. al bar, e per quelle alchimie che si creano tra persone che si
riconoscono affini, ci siamo trovate a chiacchierare, e quando la
incontro faccio tardi al lavoro, però sorridendo.
Al lavoro ascolto
Melog, su radio 24; Nicoletti mi piace.
Oggi era
giorno di manifestazione a Roma. Il coordinamento delle famiglie dei disabili
era davanti a Montecitorio, chiedendo le ragioni dei tagli operati all’assistenza.
Nicoletti ha
un figlio autistico, e spesso tratta l’argomento, non per interesse personale
ma perché è un tema su cui necessariamente è portato a riflettere.
In
trasmissione non ha dato voce ai disperati, ai casi umani, non ha cercato
consenso dato dalle lacrime e dalle storie che sembrano uscite da un
romanzo di Victor Hugo. Ha fatto parlare persone lucide nelle loro analisi,
persone coinvolte emotivamente ma consapevoli di lottare per un diritto
fondamentale per ogni cittadino. Il diritto alla dignità.
Poi, sulla
sua pagina FB ha postato due sms pervenuti durante la trasmissione.
Uno recitava: “Nicoletti, se tu avessi una figlia velina parleresti solo di figa”
Uno recitava: “Nicoletti, se tu avessi una figlia velina parleresti solo di figa”
Quando ho
letto questo sms, non ho pensato ce lo meritiamo Alberto Sordi, ma
ho pensato a Media World, al galaxy, ai cavalli e al lago, e all’autoscatto di
L e C. di fronte alla piana di Massaciuccoli.
Voglio un mondo di L., non un Media World.