Le relazioni nascono quando
meno te l’aspetti da simpatie impreviste, sguardi complici infinitesimi o
semplici proiezioni mentali; anche quando pensi che sia una sensazione tutta
tua e il più delle volte non lo è.
Con Annalisa è andata così.
Ci osservavamo in attesa delle rispettive figlie, con il piedino che batteva
per la fretta di correre a cucinare perchè è tardi e domani vi dovete svegliare
presto che c’è la scuola, con la stessa rassegnata frenesia.
Quando si è trattato di
organizzare le macchine per la gara in trasferta a Montevarchi ci siamo messe
d’accordo senza esitazioni. Alle 6 e mezza alla pasticceria a Torre del Lago,
non ti preoccupare, guido io, che mi piace guidare in autostrada; alle 6 e
mezza per fare colazione, che io non mi ripiglio se non prendo il cappuccino,
ed era perfetto anche per lei.
Sono arrivata addirittura in
orario, tanta era la voglia di questo viaggio in macchina da amiche novelle.
E mentre le ragazze dietro
si organizzavano e giocavano a nascondino immaginario -ora tocca a voi
indovinare dove mi nasconderei in questa macchina se fossi piccola come un
minimeo- io e Annalisa ci raccontavamo.
Musica, panni da lavare,
aperitivi che ci piacerebbe ma che non prendiamo, lunedì portiamo le scarpe e
si va a correre insieme, minchia non lo dire a me, che palle farle fare i
compiti al sabato mattina.
Con gli occhi fissi sulla
strada che scorreva e al contachilometri che mi ci manca giusto una multa per
eccesso di velocità, con le orecchie alle chiacchiere e ai cd, con il sorriso
rilassato per i minuti rubati alla normalità. Propositi di viaggio, che Collodi
è qui a un passo e il parco di Pinocchio l’ha fatto Zanuso, o Baratti, che come
sarà bella la spiaggia di Baratti con la pineta dietro e le docce pubbliche e
quel baracchino che vorrei tanto prendere in gestione. E poi memorie di film.
“Perchè, pane e tulipani
com’era? Quando lei esce dall’autogrill e non vede più la macchina”
Liberatorio, catartico,
immaginare scenari improvvisamente differenti, catastrofi indolori che ti fanno
svoltare l’angolo e ti portano in un mondo nuovo. La dimensione del viaggio in
macchina è così, sei ferma nella tua navicella da cui osservi la terra, mentre
il tempo e lo spazio si muovono in un modo altro. Parti da A per arrivare a B,
nel mezzo una X fatta di attesa.
Alla fine siamo atterrate a
Montevarchi; per arrivare al palazzetto dello
sport si attraversa una zona di margine, con uffici e megastore, e arrivarci di
domenica vuol dire non trovare nemmeno un bar per il caffè.
La gara è stata una maratona
da incubo, mi veniva in mente solo un titolo ripescato dalla memoria: “non si
uccidono così anche i cavalli?”; quando mi ha telefonato mia madre non ho
neanche detto pronto, ma ho cominciato a cantare “senza fine, senza un attimo
di respiro”, provocandole una crisi di ilarità irrefrenabile per la quale ha
riso 4 minuti buoni prima di riuscire a dirmi: dunque non è ancora finita.
La merenda sulla riva del
fiume ha confermato la totale inutilità di Montevarchi, neanche il fiume riesce
ad essere un buon posto. Cartoni della pizza, lattine, cicche di canne e
bottiglie di birra lasciati dai ragazzi la sera o portati dalla corrente, fango
e rami secchi.
All’affannosa ricerca di un
bagno e di un caffè ci siamo fermate nell’unico locale aperto, una sala di
videopoker dove non avrei neanche fatto alzare la zampa a quell’idiota di
Bravocane, figurarsi se facevo una sosta tattica prima dell’autostrada.
Il viaggio di ritorno è
stato più silenzioso, le ragazze litigavano per la stanchezza e l’uggia, io e
Annalisa già pensavamo alla cena da preparare, alla doccia da fare, al lunedì
da affrontare.
Le ho lasciate all’angolo
della pasticceria, con un saluto frettoloso e uno sguardo allo specchietto.
Ieri ci siamo riviste, era
da un pochino che per un motivo o l’altro non ci si beccava fuori dalla
palestra.
Ieri era venerdì e nessuna
delle due aveva voglia di correre a casa, così abbiamo lasciato giocare le
ragazze nel parco, e simulato l’aperitivo che non ci siamo ancora concesse,
finchè un paio di telefonate non ci hanno ricondotte all’ordine.
Comunque avevamo entrambe
messo le scarpe in macchina, dopo la trasferta a Montevarchi: lunedì si corre,
o per lo meno si fanno due chiacchiere.