martedì 26 febbraio 2013

Dentro e fuori

Vip Cabin - Alpha 76' Flybridge - Luiz De Basto
Mi piace disegnare gli interni degli yachts.
Quando disegno l’interno di uno yacht posso dimenticarmi di quello che c’è fuori; devo tener conto di struttura, scafo e sovrastruttura che forniscono l'unico limite da rispettare ma dentro tutto il resto è libertà.

Non mi interessano le finestrature, il vetro si può serigrafare fino a far scomparire il dentro; le compartimentazioni sono libere da vincoli e i mobili possono occupare la murata come torna meglio. Mi dimentico l’ortogonalità e sfrutto le potenzialità. Però ogni angolo, ogni buco, ogni vuoto nello scafo o nella sovrastruttura diventa spazio da riempire con impianti o con oggetti. Non separo mai le tre dimensioni e mantengo sempre una prospettiva tridimensionale, però ogni centimetro verso la prua mi porta a nuove difficoltà.

Il centimetro è unità di misura troppo grande, lavoro in millimetri e anche trenta millimetri guadagnati risolvono un problema.

Di tutto questo dentro, fuori non c’è traccia. Lo yacht, fuori, è come se non avesse un dentro.

In architettura è diverso, ciò che è dentro esce e ciò che è fuori entra. La facciata diventa pelle che si modifica secondo le funzioni interne e i flussi che deve accogliere. Un tramezzo non può arrivare su una finestra, o sposto il tramezzo o sposto la finestra o rimetto tutto in discussione. A volte ciò che è dentro si disciplina e si ordina sulla base di ciò che è fuori, altre volte il fuori disegna il dentro. A volte il dentro spinge il fuori anche volumetricamente, come quando all’ottavo mese di gravidanza il bimbo pianta un piede sotto il costato e wow! se ne vede chiaramente la forma da fuori, attraverso la maglietta.

L’edificio è un organismo e a me piace chiamarlo corpo di fabbrica.

Gli yachts invece no. Negli yachts il fuori deve navigare, il dentro serve per stare. Due funzioni, due leggi separate.

In questo modo il dentro diventa un luogo altro, uno spazio organizzato secondo principi propri. Un nido indifferente a tutto quello che passa fuori, un luogo sicuro statico rispetto al fuori in perenne movimento.

Il mio ambiente preferito e il più odiato è la cabina di prua, la più difficile da disegnare. Lo scafo si restringe repentinamente, la chiglia si alza. Il dentro deve fare sforzi enormi per non mostrare il fuori e non mostrarsi da fuori. Il letto si appoggia direttamente alla struttura, gli armadi diventano grandi all’esterno e piccoli all’interno, il prospetto a murata diventa una scenografia, perché anche se c’è solo un oblò piccolo piccolo bisogna per coerenza di stile disegnare il box della finestra, che infatti si chiama teatro. Un teatro con veneziane e tende per l’oscuramento e senza neanche una fonte di luce da oscurare.

Io ho sempre odiato gli yachts e non mi ha mai interessato passarci del tempo. Ma ecco, ora che fanno parte del mio lavoro comincio a pensare che non mi dispiacerebbe dormire in quei nidi accoglienti, indifferenti agli eventi, in cui il fuori non entra se non con un impercettibile rollìo, e dove è permesso ogni tanto uscire fuori per osservare lo spettacolo del grande mare sul quale ti stai muovendo.

Ringrazio Luiz che gentilmente mi ha concesso l'uso dell'immagine.

5 commenti:

  1. Bella la metafora del dentro/fuori.
    Ma solo per gli yachts vale che
    Di tutto questo dentro, fuori non c’è traccia.
    Per noi umani è (per fortuna) impossibile separare il dentro dal fuori.

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    1. orso, io non ne sono affatto sicura :)

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    2. Allora mi devi insegnare come si fa.
      Che ne avrei proprio bisogno.
      Che in questi giorni chi mi vede fuori
      capisce benissimo cosa c'è dentro :-)

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    3. temo che ci sia poco da insegnare, orso, e anche da scegliere.
      alcune persone sono corpi di fabbrica, hanno fondazioni che le ancorano a terra e pagano la stabilità con una pelle trasparente e plasmabile
      altre persone affidano a una deriva il proprio baricentro, ma la deriva è ben poca cosa e il baricentro è instabile, così devono mantenere immutata lo scafo per non ribaltarsi.
      la metafora sarebbe stata molto più poetica con la barca a vela, ma purtroppo io disegno yachts :-)

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  2. neanch'io amo gli yachts, ma dormirci è bellissimo.
    quanto al dentro/fuori, nel mio fuori c'è sempre un'ampia traccia del mio dentro ma non me ne preoccupo.
    ....anzi.

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