sabato 12 maggio 2012

Montevarchi

Le relazioni nascono quando meno te l’aspetti da simpatie impreviste, sguardi complici infinitesimi o semplici proiezioni mentali; anche quando pensi che sia una sensazione tutta tua e il più delle volte non lo è.
 
Con Annalisa è andata così. Ci osservavamo in attesa delle rispettive figlie, con il piedino che batteva per la fretta di correre a cucinare perchè è tardi e domani vi dovete svegliare presto che c’è la scuola, con la stessa rassegnata frenesia.
Quando si è trattato di organizzare le macchine per la gara in trasferta a Montevarchi ci siamo messe d’accordo senza esitazioni. Alle 6 e mezza alla pasticceria a Torre del Lago, non ti preoccupare, guido io, che mi piace guidare in autostrada; alle 6 e mezza per fare colazione, che io non mi ripiglio se non prendo il cappuccino, ed era perfetto anche per lei.
Sono arrivata addirittura in orario, tanta era la voglia di questo viaggio in macchina da amiche novelle.
E mentre le ragazze dietro si organizzavano e giocavano a nascondino immaginario -ora tocca a voi indovinare dove mi nasconderei in questa macchina se fossi piccola come un minimeo- io e Annalisa ci raccontavamo.
Musica, panni da lavare, aperitivi che ci piacerebbe ma che non prendiamo, lunedì portiamo le scarpe e si va a correre insieme, minchia non lo dire a me, che palle farle fare i compiti al sabato mattina.
Con gli occhi fissi sulla strada che scorreva e al contachilometri che mi ci manca giusto una multa per eccesso di velocità, con le orecchie alle chiacchiere e ai cd, con il sorriso rilassato per i minuti rubati alla normalità. Propositi di viaggio, che Collodi è qui a un passo e il parco di Pinocchio l’ha fatto Zanuso, o Baratti, che come sarà bella la spiaggia di Baratti con la pineta dietro e le docce pubbliche e quel baracchino che vorrei tanto prendere in gestione. E poi memorie di film.
“Perchè, pane e tulipani com’era? Quando lei esce dall’autogrill e non vede più la macchina”
Liberatorio, catartico, immaginare scenari improvvisamente differenti, catastrofi indolori che ti fanno svoltare l’angolo e ti portano in un mondo nuovo. La dimensione del viaggio in macchina è così, sei ferma nella tua navicella da cui osservi la terra, mentre il tempo e lo spazio si muovono in un modo altro. Parti da A per arrivare a B, nel mezzo una X fatta di attesa.
Alla fine siamo atterrate a Montevarchi; per arrivare al palazzetto dello sport si attraversa una zona di margine, con uffici e megastore, e arrivarci di domenica vuol dire non trovare nemmeno un bar per il caffè.
La gara è stata una maratona da incubo, mi veniva in mente solo un titolo ripescato dalla memoria: “non si uccidono così anche i cavalli?”; quando mi ha telefonato mia madre non ho neanche detto pronto, ma ho cominciato a cantare “senza fine, senza un attimo di respiro”, provocandole una crisi di ilarità irrefrenabile per la quale ha riso 4 minuti buoni prima di riuscire a dirmi: dunque non è ancora finita.
La merenda sulla riva del fiume ha confermato la totale inutilità di Montevarchi, neanche il fiume riesce ad essere un buon posto. Cartoni della pizza, lattine, cicche di canne e bottiglie di birra lasciati dai ragazzi la sera o portati dalla corrente, fango e rami secchi.
All’affannosa ricerca di un bagno e di un caffè ci siamo fermate nell’unico locale aperto, una sala di videopoker dove non avrei neanche fatto alzare la zampa a quell’idiota di Bravocane, figurarsi se facevo una sosta tattica prima dell’autostrada.
Il viaggio di ritorno è stato più silenzioso, le ragazze litigavano per la stanchezza e l’uggia, io e Annalisa già pensavamo alla cena da preparare, alla doccia da fare, al lunedì da affrontare.
Le ho lasciate all’angolo della pasticceria, con un saluto frettoloso e uno sguardo allo specchietto.

Ieri ci siamo riviste, era da un pochino che per un motivo o l’altro non ci si beccava fuori dalla palestra.
Ieri era venerdì e nessuna delle due aveva voglia di correre a casa, così abbiamo lasciato giocare le ragazze nel parco, e simulato l’aperitivo che non ci siamo ancora concesse, finchè un paio di telefonate non ci hanno ricondotte all’ordine.
Comunque avevamo entrambe messo le scarpe in macchina, dopo la trasferta a Montevarchi: lunedì si corre, o per lo meno si fanno due chiacchiere.

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