sabato 23 marzo 2013

Alessandro Bergonzoni: a Torre del Lago “Urge”



Prendo in mano il pieghevole e ho un momento di commozione. Non esiste solo l’opera lirica a Torre del Lago e non esiste solo l’estate; questo pieghevole mi racconta che esistono altre stagioni e spettacoli per non-melomani che si svolgono nel grande, contestato, monumentale Teatro Puccini. Bevo il mio caffè e leggo.
“L’amore è un cane blu”, Paolo Rossi. Venerdì scorso, e io non lo sapevo.
“Urge”, Alessandro Bergonzoni. Venerdì prossimo, sono ancora in tempo.
Nei giorni seguenti cerco conferme dell’evento senza trovarne, ma io ho il pieghevole nella borsa, dunque è vero, esiste, ci sarà.
L’emozione di entrare nel foyer è tale che non fumo neanche la sigaretta prima, entro diretta e vado a sedermi al mio posto. Centrale, prima fila, praticamente perfetto; uno sguardo alla sala, semivuota.
Si spengono le luci. Entra.
Alessandro Bergonzoni è incandescente, emette luce propria. I primi minuti sono recitati tutti a occhi chiusi. Lui brilla ma si contiene, racconta il suo sogno con forza evocativa rara; poi si alza in piedi, comincia l’analisi del sogno e tutto il percorso del testo.
Ora, parlare di uno spettacolo di Alessandro Bergonzoni è una bella sfida, quando si esce di lì non si hanno parole perché le ha usate tutte lui, giocando con significato, punteggiatura e con gli a capo. Quindi mi astengo.
Posso dire che ho fatto un bel viaggio di senso e che ho riso tanto, tantissimo. Ho riso durante la battuta, ho riso prima, quelle tre volte che sono riuscita ad intuirla, e ho riso dopo, ché è maestro nella risata a scoppio ritardato e ne gode, a ragione. Quando alla fine ha chiuso le battute lasciate aperte all’inizio del viaggio ho pensato che non sarei uscita viva da lì.
Pochi ma buoni, noi dall’altra parte del palco, e soprattutto tanto contenti. Applaudendo a scroscio ci meritiamo un bis e una seconda fulminante uscita. “Grazie, Torre del Lago”; ma figurati, grazie a te, Alessandro.
Io vado a salutarlo, mi dico, tanto la sala è piccina, i camerini li troverò.
Mi sorride, è gentile, ci presentiamo e mi chiede cosa faccio nella vita. Sono in leggero imbarazzo per i molti posti vuoti e per il silenzio locale sul programma della stagione, ma il paese è piccolo, che ci possiamo fare. Cammino al suo fianco lungo il corridoio verso l’uscita, si ferma a salutare gli ultimi spettatori rimasti, apre la porta e se ne va. Lo osservo passare in macchina e mi accendo finalmente la sigaretta.
Rimango a godermi l’inedita sensazione di avere partecipato ad un evento di nicchia, di quelli che fanno sentire un sacco fighi. Ah! Io, stavolta, c'ero.

7 commenti:

  1. Se sapevo che c'era non me lo sarei lasciato scappare. Avevo pure il venerdì sera libero. Certo che un po' di pubblicità in più non guasterebbe da queste parti...

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    1. Eh! infatti.
      la mia fortuna è che mi piace bere il caffè corretto e leggere le pubblicità che vengono lasciate sui banconi dei bar, altrimenti col piffero che l'avrei saputo

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  2. Senza pagare una lira, ho vissuto le emozioni lanciate su di voi da Bergonzoni...
    Grassie! :-)

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